Piccolo esploratore ha un carattere timido. Se gli si fanno troppe domande si chiude a riccio. All’inizio non riuscivo a trattenermi dallo spingerlo nella mischia: “Presentati, chiedigli come si chiama” o ancora “Dai un calcio alla palla che poi ti invitano a giocare”. Ho faticato ad accettare questo suo lato perché la timidezza è un’indole che abbiamo in comune. Ho sempre avuto pochi amici e non ho mai amato la confusione eccessiva (l’unica confusione che mi piace è quella creativa). Settembre si avvicina e lo “spettro della prima elementare” si palesa senza invito. Un grande traguardo per entrambi perché dovremo compiere grandi passi in direzioni opposte: io dovrò lasciare andare ansie e paure e lui dovrà accogliere tantissime novità. (Dentro di me so che è pronto, quella che non è pronta sono io). Dall’inizio di giugno abbiamo iniziato a familiarizzare con la Process art che non è solo un movimento artistico del XX secolo ma uno strumento di scoperta eccezionale che non solo stimola il pensiero creativo ma legittima il proprio io. process art L’idea diviene il motore che produce arte - Sol LeWitt-1967 - Nella Process art si dà enfasi al modo in cui si fa arte e non a cosa si vuole rappresentare. Creare senza un modello di riferimento è più complicato per i bambini grandicelli ma non per i piccolini ed è importante iniziare fin da subito questo esercizio per stimolarli nella scoperta e nella costruzione della loro voce. Da dove iniziare
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Durante il lockdown ci era mancato il museo Durante il lockdown mi è mancato molto andare al museo. Lo scrissi anche in questo breve post nostalgico. A piccolo esploratore mancavano tantissimo i suoi compagni di classe e le sue maestre. Entrambi eravamo presi da sentimenti nostalgici e così abbiamo deciso di andare al PAV. Piccolo esploratore lo aveva già visitato due volte con la sua classe e si è offerto di farci da guida. Caricate le bici siamo partiti. Il PAV, acronimo di Parco d’Arte Vivente nasce dall’idea di Piero Gilardi, artista torinese celebre per i suoi prati natura e altre istallazioni interattive e dalla volontà di trasformare un’area industriale dismessa, dove fino ai primi anni novanta del ‘900 si producevano componenti per le automobili. Quando racconto ai miei bambini delle trasformazioni pazzesche che vengono fatte su degli edifici storici, colgo sempre incredulità e stupore: secondo loro un edificio non è in grado di cambiare la sua natura originaria (ci sto lavorando). Il PAV è un contenitore di vita e lo si nota fin da subito: l’arte si piega alla natura e alle leggi del tempo, ho infatti deciso che per poter apprezzare a pieno questo ecomuseo sia necessario visitarlo in diversi momenti dell’anno proprio per poter cogliere i cambiamenti vitali che si innestano tra le opere d’arte e il paesaggio. Piccolo esploratore era bellissimo nel suo ruolo da “guida”. Abbiamo iniziato subito con la sua opera preferita: il labirinto. Vederci tutti insieme a zigzagare tra le siepi mi ha fatto riflettere sull’idea stessa che l’uomo ha di arte. A volte siamo fossilizzati su dei preconcetti che arrivano da lontano (la famiglia, gli studi, i viaggi) e riteniamo che ci siano delle componenti ben definite a comporre i luoghi di cultura. Il museo secondo la maggior parte delle persone è un luogo che contiene oggetti: principalmente quadri e sculture tutte da guardare magari affiancati da una audioguida. Il PAV non è assolutamente tutto ciò. Il PAV è uno spazio di partecipazione capace di generare importanti esercizi di conoscenza. Se è vero che la visita al museo è una esperienza individuale e personale ritengo che sia fondamentale rafforzarla con il confronto ed è qui che interviene la forza del gruppo e di uno spazio come il PAV. Il vivente reale, con tutti i suoi processi, diventa il medium creativo Una delle cose più belle di questo posto è il dialogo che le opere d’arte riescono ad instaurare con il visitatore perchè abitano uno spazio reale con cui è possibile interagire in maniera tangibile. Insomma il PAV non si limita ad essere un contenitore di opere d’arte contemporanea dove vengono presentati progetti o esposizioni, ma è uno spazio dove la natura espone sé stessa e i suoi incredibili stimoli multi-sensoriali. Come visitare il PAV con i bambini. A differenza dei musei più tradizionali è possibile sperimentare una maggiore libertà, proprio perché si passa la maggior parte della visita all’aria aperta. Insomma nessun promemoria classico: non si tocca, non si corre. Mappa alla mano piccolo esploratore ci ha mostrato tutto. Dal labirinto, al “Potlach” di Norma Jeanne, passando per il Trèfle" di Dominique Gonzalez-Foerster. Non ci siamo troppo interrogati sui significati delle opere in sé perché sarebbe stato troppo complicato spiegargli concetti come paesaggio alla rovescia o lo sperpero rituale dei beni praticato dagli indiani di alcune tribù della British Columbia. Ci siamo concentrati su come quegli spazi davvero magici ci facevano sentire e abbiamo osservato la natura e la sua incredibile bellezza, ricavandone un piccolo reportage fotografico. Piccolo esploratore ha ricevuto da Babbo Natale una macchina fotografica che porta con sé in ogni avventura museale. Ha fotografato fiori, foglie e insetti. Ha corso giù dalla collina, si è arrampicato sui sassi fingendo di camminare su un ponte pericolante e poi si è seduto ad ammirare la scultura di Sara Enrico; “mamma guarda quello a destra sembra un verme rosso mentre quelle a sinistra sembrano le gambe di qualcuno che fa la verticale”. The Jumpsuit Theme è una scultura di cemento e pigmenti che racconta della doppia valenza della tuta: abito da lavoro di stampo fordista e primo vestito per l’infante perfetto per i momenti di gioco. Piccolo esploratore con la sua ingenuità e il suo sguardo infantile è riuscito immediatamente a cogliere il lato giocoso dell’opera stupendomi ancora una volta. Dopo aver corso in lungo e in largo l’ultima chicca di questo posto così ricco di stimoli è l’area gioco attrezzata che ha permesso a me e al padre (l'uomo che parla poco) di sostare all’ombra e rilassarci un momento. A causa delle disposizioni COVID-19 non è possibile visitare l’interno e ne sono molto dispiaciuta perché c’è un’opera di Gilardi che ero molto molto curiosa di vedere (mio figlio me ne ha parlato molto in entrambi i casi in cui è andato con la scuola) “Labirintico Antropocene” ma appena sarà possibile ci ritorneremo.
Andate a visitare questo bellissimo museo, soffermatevi con i vostri figli sui dettagli, fategli fare un reportage fotografico con il vostro cellulare e poi a casa confrontate le foto con le piante che avete in casa o in giardino. In alternativa portatevi un blocchetto per gli schizzi e delle matite e disegnate insieme in plein air. Godetevi questo posto e fate in modo che vi sia uno scambio tra la natura e le emozioni che generi un dialogo organico tra voi e i piccoli visitatori, ricordate che due persone non vedono un’opera allo stesso modo ma che dall’unione di diverse opinioni si riuscirà a vivere una esperienza coinvolgente. |
AutoreSono una mamma creativa che crede nel magico potere della cultura. Archivi
Luglio 2021
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